Turisti Nella Capitale: Colpiti e affondati
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Ci siamo lasciati dopo aver lanciato la nostra monetina sul fondo della Fontana di Trevi. Ci siamo fermati ad assaporare i nostri desideri mentre il metallo lasciava la punta delle nostre dita, ma adesso è l’ora di riprendere il percorso. Potete immaginare l’arsura del caldo pomeridiano di un giugno fatto di traffico e di gente. Le parole della calca che ci stiamo lasciando alle spalle, adesso, non sono più coperte dal suono dell’acqua. Nonostante qualche nasone, qui e là, possa indurci in inganno. La scelta, in questo istante, è se tornare o meno a percorrere la via principale. Purtroppo per voi, cari lettori, il percorso qui lo decido io.
Amo zigzagare, nonostante il manto stradale presenti qualche buca e si rischi di cadere passo dopo passo. Malfermi, forse rapiti, in ogni caso pronti a tagliare in orizzontale Via del Corso. In questo modo, seguendo qualche cartello, osservando la cascata di cioccolato di una famosa e storica gelateria, si potrà ammirare una delle opere che più sanciscono la genialità umana.
Percorrendo quella viuzza, non indugiando neppure per un secondo con lo sguardo su Montecitorio, sulla nostra sinistra si palesa il Pantheon. La storia che vi è dietro questo monumento mi ha da sempre affascinata. Essa racchiude un po’ l’emblema di quella romanità antica fatta di inclusione, prima che i Cristiani suggellassero il tutto col loro passaggio. L’emblema della religione pagano-romana divenuto luogo per racchiudere Madonne e Re. Sacro e profano che si incontrano al di sotto di una volta aperta, intenta a far entrare la luce della luna, tanto quanto l’acqua nei giorni uggiosi. Se noi, semplici turisti, ci fermiamo a guardare la luce che filtra da quel buco; Carl Brave lo ha usato per poter cercare di capire un po’ meglio i romani osservandoli come se fosse un tetto qualunque.
“Notti brave” nelle cuffie e si prosegue nella magia della nostra Roma. Camminiamo su un tappeto di Peroni, scalciamone qualcuna, e occhio a non farci leggere la mano da una o due indovini mentre raggiungiamo Piazza Navona. Il bianco è quasi accecante, i colori diventano quasi più vividi, mentre i quattro più grandi fiumi del mondo trovano la loro rappresentazione per opera del Bernini.
Sapete, però, cosa mi piace realmente osservare? Il verde. Se al posto di fare il solito selfie davanti quella magnifica fontana vi soffermate sugli angoli dei palazzi, vi renderete immediatamente conto di quanto il verde spicchi sul giallo delle pareti di alcuni di essi. Soprattutto, continuando a tenere lo sguardo alto, potrete notare una delle più belle soffitte affrescate visibili dalla strada. Sedetevi sulla stessa panchina sulla quale si è seduta Julia Roberts mentre girava “Mangia Prega Ama”, magari prendetevi anche un gelato. Posso persino garantire la presenza di qualche suora a qualsiasi ora voi stiate facendo questo percorso. In ogni caso, alzate gli occhi e immaginate come sarebbe bello poter danzare sotto quegli affreschi. Sono sicura che un tempo ciò fosse realtà.
In ogni caso, siamo di nuovo davanti un bivio: da una parte vi è Giordano Bruno, dall’altra Piazza Venezia. Io opterei per la prima, anche perché in questo caso mi farei sedurre da qualche losca figura che mi invita a bere uno spritz. Anche qui, l’aspetto cambia drasticamente a seconda dell’ora in cui vi rechiate a Campo de Fiori. La mattina è in tutto e per tutto un mercato, di quelli facilmente trovabili il sabato mattina in qualsiasi paesino. La sera gronda di movida, di sete e persino di film grazie alle proiezioni di Cinema Farnese.
Giordano, però, è li sopra. Essere Turisti nella Capitale vuol dire perdersi e trovarsi, ma anche scegliere cosa vedere. Il giudizio è l’elemento fondamentale con cui poter affrontare questo viaggio. Il suo sguardo celato dal cappuccio è inclinato verso il basso ed è pronto a capire se voi nella carbonara mettiate la pancetta o il guanciale. Osserva le nostre incoerenze, percuote i nostri spiriti e ci invita a non abiurare il nostro pensiero. Perché si… che ci mettiate la pancetta o il guanciale, l’importante è non mettere la panna.
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